Avreste mai immaginato che l’abbonamento ad una sola rivista scientifica o letteraria potesse arrivare a costare, per la biblioteca di una qualsiasi università statunitense, decine di migliaia di dollari l’anno? E che questa biblioteca, considerando le centinaia di riviste alle quali deve abbonarsi per mantenere aggiornato il corpo docente e studentesco, non avrebbe avuto più denaro sufficiente per l’acquisto delle monografie? E che, mentre il contenuto di queste riviste è fornito gratuitamente dai ricercatori, i loro editori ricavano un profitto superiore al 40 percento del prezzo di copertina?
Avreste mai ipotizzato che Google, una volta iniziato il suo progetto di digitalizzazione dei libri (Google Book Search), sarebbe stata obbligata da una class action in difesa del copyright, promossa da autori ed editori, a firmare un compromesso che, tra le altre conseguenze, avrebbe costretto le biblioteche che avevano fornito i libri gratuitamente proprio a quel progetto di digitalizzazione, a dover pagare per accedervi?
Avreste mai creduto che la notizia, circolata per decenni fra gli addetti ai lavori, che tutta la carta creata dalla polpa di legno si sarebbe autodistrutta nel giro di un secolo (notizia che ha portato le biblioteche statunitensi ad eliminare dai propri archivi decine e decine di milioni di dollari in libri e giornali e a riversarli su microfilm, ora in gran parte resi inutilizzabili dalle muffe e dall’usura del tempo) fosse in realtà priva di ogni fondamento?
Avreste mai pensato che Voltaire (sì, proprio il Françoise-Marie Arouet autore del Candide), una volta consegnati i propri manoscritti all’editore ufficiale, si facesse in quattro per trafficare con editori clandestini ai quali consegnava gli stessi manoscritti con aggiunte e modifiche? (Singolare caso di autore pirata che, in più, guadagna dalle proprie opere piratate da sé medesimo).
Avreste mai supposto che nel Seicento raggiungesse l’apice la consuetudine, da parte dei lettori, di creare una raccolta con le citazioni e i brani più interessanti tratti dai libri che avevano letto? (E chissà se David Karp si è ispirato a questo quando ha creato Tumblr).
O che un apparentemente pacifico libraio settecentesco di Montpellier utilizzasse metodi degni di un gangster della Chicago anni Venti per far chiudere le librerie concorrenti?
Robert Darnton, nella raccolta di articoli cha vanno a comporre questo saggio, ci parla di storia, di costume, di passato, presente e futuro non solo del libro, ma anche di quello che il libro, la lettura, i contenuti hanno rappresentato, rappresentano e rappresenteranno per l’umanità.
Con un occhio di riguardo alla digitalizzazione e ai problemi legati alla conservazione della nostra memoria (gli evanescenti supporti digitali riusciranno a resistere all’obsolescenza, alle mutazioni della tecnologia, alla loro stessa intrinseca fragilità o, come già per la distruzione operata nel patrimonio letterario e giornalistico delle biblioteche americane, c’è lo zampino di qualche multinazionale che deve digitalizzare tutto per fare profitto?), l’Autore ci consegna un rapporto del quale tutti quelli che si occupano di libri e di editoria e i lettori appassionati dovrebbero avere conoscenza.
La realtà non è mai come appare e, spesso, dietro alla rilassante immagine di uno scaffale pieno di libri, si celano autentici duelli all’ultimo sangue.
D’altra parte, è lo stesso Darnton a ricordarci che una sua collega bibliotecaria, quando le chiedono in cosa consista il suo lavoro, risponde sempre: “Il denaro e il potere”.
Un libro.
Il futuro del libro, di Robert Darnton (Adelphi).
2 commenti:
sembra un libro assai succoso.
Infatti!
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