Sto leggendo l'ultimo libro di Alessandro Barbero (Lepanto, la battaglia dei tre imperi, Laterza). Al di là del fatto che Barbero è uno straordinario affabulatore (cosa rara per uno storico, ma non dimentichiamoci che Barbero nel 1996 vinse lo Strega con il romanzo Bella vita e guerre altrui di mr. Pyle gentiluomo, edito da Mondadori), una cosa mi è apparsa improvvisamente chiara, mentre ero immerso nella lettura di questo suo ultimo saggio storico. Barbero rafforza la sua analisi con la continua citazione di lettere e dispacci, per la maggior parte "riservati", furiosamente scambiati fra ambasciatori, generali, ammiragli, sovrani, governi di repubbliche marinare, papi e cardinali negli anni fra la caduta di Cipro e la battaglia di Lepanto. Dalla lettura di questa corrispondenza "segreta" si rilevano tutti i retroscena dei rapporti fra le potenze mediterranee della seconda metà del Cinquecento. Credo che Julian Assange, se si ritrovasse misteriosamente catapultato nel XVI secolo, troverebbe molte affinità fra quelle corrispondenze e i moderni dispacci della diplomazia contemporanea.
Se Cicerone sosteneva che la Storia è maestra di vita, la vicenda di WikiLeaks ha dimostrato senz'altro che la Storia, al di là dei tempi, non cambia mai le sue dinamiche. E, per nostra fortuna, noi, protagonisti della Storia immobile (quella dei comuni mortali), grazie ad Assange, abbiamo potuto conoscere, per una volta, quello che si nasconde dietro alla Storia eroica (quella dei re, dei papi e degli imperatori).
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