sabato 10 luglio 2010

La traslazione dei tempi (Wu Ming e la rivoluzione francese)

Succede, nella ridondanza a volte senza senso del rumore bianco del web, di incontrare metafore che nascono dall'esigenza di dare un significato ai tempi. Capita di imbattersi in coincidenze che, apparentemente fortuite, altro non sono se non l'esigenza condivisa di dare un senso a ciò che viviamo.
La storia immobile e la storia eroica. Dicotomia sempre presente e tuttavia risolta in chi crede, a ragione, che l'una, in realtà, non possa fare a meno dell'altra. E la classicità accademica, apparentemente statica, trova nuovi e interessanti sviluppi nel movimento continuo del web.
Succede di imbattersi nell'account Twitter dei Wu Ming. E succede di discutere con loro di oscurità sempre presenti nella nostra storia contemporanea. E succede di condividere il fondamento ultimo che i tempi (i nostri tempi) possano, e anzi debbano, trovare un loro significante in quel divenire vichiano che ci fa comprendere come il nostro fine ultimo sia quello di essere condannati ad una coazione a ripetere di eterni errori. Eterni errori che forse non sono altro che una caratteristica, anzi la caratteristica fondante, dell'umanità.
Wu Ming spiega. Spiega il presente con il passato. Perché quest'ultimo è il luogo d'elezione di quella coazione che riproduce nel presente la sua orribile eternità. Perché è la traslazione dei tempi a riportarci dal passato al presente e viceversa.
Nasce quindi l'esigenza di una nuova espressione narrativa, di un nuovo romanzo. Rivoluzione francese, forse. Da seguire qui, gli ulteriori sviluppi di questi indizi.

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