Svetlana guardò di nuovo fuori. La nebbia era fitta. Come in Russia. Come in Polonia. Come in Ungheria. Come in Slovenia prima del confine.
La pianura, nell’immaginario narrativo dello scrittore piemontese Angelo Ricci, si trasforma in un luogo impossibile a definirsi, misterioso e privo di confini tangibili, dove la realtà si dilata fino a raggiungere il regno dell’assurdo pur mantenendo un aspetto apparentemente normale. Infatti, per quanto la narrazione non arrivi mai a dimensioni tradizionalmente fantastiche, si snoda lungo uno sfondo surreale, onirico, ritmato da luoghi, voci narranti e piani temporali alternati o sovrapposti, da memorie evocative, stralci di ricordi e momenti in tempo reale.
Notte di nebbia in pianura non è un racconto e non è un romanzo, trasmette la tensione di un noir ma non si può definire tale, possiede un certo realismo descrittivo, arriva a toccare i toni dell’introspezione psicologica e la trama è indubbiamente drammatica, ma con quella sottile ironia, ora malinconica ora grottesca, presente in ogni pagina, riuscirà ad affascinarvi.
La storia, o meglio, la serie di storie intrecciatesi nel gelo di una notte invernale in una città di pianura resa invisibile, e irriconoscibile, dalla nebbia, scorrono con una limpidezza cinematografica, i dettagli e gli attimi più insignificanti, volutamente enfatizzati, assumono aspetti inquietanti e disperati, colti nelle vite dei protagonisti che, se singolarmente possono sembrare prive di senso, rivelano nell’incrocio dei loro destini la forza dell’inevitabile, della tragedia, di un consumarsi quasi sacrificale che spesso, o forse sempre, appartiene al senso dell’esistenza umana. La morte è una presenza ricorrente, la sofferenza è la condizione di un degrado in parte derivato da una scelta, il compromesso è un mezzo per sopravvivere, la trasgressione uno stile di vita.
I protagonisti non si incontrano mai direttamente, le loro vicende appaiono chiuse in sé stesse, se, casualmente, le loro vite separate arrivano a sfiorarsi, lo fanno a distanza, inavvertitamente, senza lasciare traccia né ricordo tra di essi. Ma nel breve spazio di una notte, la sorte lancia i dadi, trova le loro storie presenti e passate e, in poche ore, unisce, divide, distrugge, frantuma, uccide. E da lontano, oltre la disfatta finale, niente altro è visibile se non tenebre e nebbia.
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