sabato 29 maggio 2010

Ya salam!, di Najwa Barakat (Epoché)


Una beffa. Una stupefacente, tragicomica, sanguinosa, orribile beffa. La guerra è una terribile beffa. La morte è una terribile beffa. Anche la vita può essere una terribile beffa. Una beffa che coinvolgerà tutti i protagonisti di questo romanzo. Una beffa che nasce da lontano. Una beffa che si snoda, con lenta maestria, sul palcoscenico di una Beirut confusa, calda, appiccicosa. Una beffa che trapassa le vite di chi, su questo palcoscenico, si muove. E si muove con la pretesa, del tutto ingiustificata, di credersi protagonista, quando, in realtà, non riesce nemmeno ad intravedere i fili coi quali il destino lo fa muovere a suo piacimento.
Ex miliziani che un tempo erano titolari del diritto di vita e di morte. Ora, con la fine della guerra civile, divenuti macchiette che tentano di sbarcare il lunario con attività del tutto assurde. Il ricordo di un giovane, sadico torturatore e capo di una milizia di quartiere, ora defunto, perseguita le menti e le vite di queste divinità decadute, trasformate ora in stupidi comprimari di una vita banale. Una quarantenne, prigioniera della sua mancanza di bellezza. Diventata, negli anni, donna fanatica, dal carattere impossibile, dispotica. Anche lei persa nella pania di una vita confusa. Un paio di ex miliziani che sembrano usciti da Trainspotting. Una donna vecchia e malata. Madre del giovane torturatore defunto. Che vive travolta dal suo delirio. Tutti quanti vittime di una vita che si snoda a fatica tra ostacoli e mancanza di prospettive. Nelle guerre più furiose non si fanno prigionieri. A volte non se ne fanno nemmeno nella banalità della vita quotidiana.
Un libro.
Ya salam!, di Najwa Barakat (Epoché).

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