Ci sono cose che ci accompagnano da sempre. Eppure sembrano sempre nuove. I secondi, i minuti, le ore, i giorni ci chiudono in una serie di circostanze sempre uguali. La prigione delle nostre abitudini altro non è se non la ricerca di una sicurezza. Una sicurezza che lentamente ci porta al compimento di quello che siamo stati, o forse, di quello che abbiamo, senza riuscirci, cercato di essere.
A sinistra il Monterosa. A destra l'Oltrepò. Sono i limiti, angusti forse, che chiudono l'orizzonte apparentemente infinito della pianura. A sinistra il Monterosa. A destra l'Oltrepò. Sempre. In una ripetizione costante di coordinate che, da geografiche, presto diventano colonne d'Ercole del nostro essere.
La colonna sonora ipnotica di una radio, mi accompagna nel mio viaggio. Quasi a narcotizzare, con la banalità del nulla, quello che dovrei sentire, o meglio, comprendere.
Poi, un abbaglio improvviso. Come una lama di luce che segna la periferia del mio occhio. Guardo meglio, quasi ad accertarmi della tranquillità del quotidiano che è comunque, nel suo ripresentarsi, rivoluzione e, contemporaneamente, certezza.
Una piccola e insignificante area geometrica, che dal bruno invernale della terra si trasforma in specchio di cielo, ad annunciare un verde presto perso nella futura afa estiva.
Il mare a quadretti è tornato. Certo. Siamo ad aprile. Si allagano le risaie. Presto tutto diventerà uno specchio di cielo. Presto tutto si trasformerà in una parentesi azzurra.
Il mare a quadretti è tornato. Tra qualche mese sentiremo l'odore del riso.
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