-Io ne possiedo più di centomila pertiche. Pertiche milanesi intendo. Sopra di me c'è solo il Radice-Fossati.-
Certo. D'altra parte è una cena di lavoro. E le cene di lavoro sono fatte per dire e soprattutto per ascoltare. E ascoltare cose così.
Ascolto. Ascolto e guardo la ragazza bionda che lo accompagna. Esile. Carina. Porta i capelli raccolti con la coda di cavallo. Ma di quelle sbarazzine. Quelle che stanno sulla nuca e ballano ogni volta che lei muove appena la testa.
Maria Corti per me era un mito. Non l'ho mai conosciuta. Ma era un mito lo stesso. Per quello che faceva, per quello che insegnava, per quello che scriveva.
Anni fa lessi un suo libro. C'era una ricercatrice, forse una filologa, che andava negli USA e poi, dopo grande fatica, improvvisamente scopriva tutti i segreti della lingua inglese. La ricercatrice doveva essere di mezza età, forse un alter ego della stessa Corti. Ma io me l'ero immaginata bionda. Esile, carina, giovane e bionda. E con i capelli raccolti con la coda di cavallo.
Anche Micol Finzi-Contini me l'ero immaginata così. E poi, quando vidi Dominique Sanda nel film di De Sica, me ne innamorai subito.
La cena di lavoro è finita. Se ne va con la ragazza bionda (la figlia? l'amante?).
-Stasera si arriva a casa subito. Non c'è più il gran nebbione. Non c'è più la nebbia di una volta.-
La nebbia. Più che grigia me l'ero sempre immaginata bionda.
Non c'è più la nebbia di una volta.
Due libri.
Voci dal Nord-Est: taccuino americano, di Maria Corti (Bompiani).
Il giardino dei Finzi-Contini, di Giorgio Bassani (Mondadori).
Nessun commento:
Posta un commento