Leggendo Trilogia di New York di Paul Auster mi appare alla memoria, non so perché, l’immagine mitteleuropea di Elias Canetti e del suo Auto da fè. Per la “trilogia” mi riferisco al primo dei tre romanzi: Città di vetro. Daniel Quinn si nasconde dietro ad uno pseudonimo per scrivere romanzi polizieschi e si trova invischiato in una discussione con un altro personaggio (che porta il nome dell’autore stesso della “trilogia”) sulla genesi del Don Chisciotte, che vedrebbe concretizzarsi un gioco di specchi fra un Cervantes presunto autore e un Chisciotte realmente esistito, che racconta la sua storia ad un Sancho Panza che forse è Cervantes stesso e via discorrendo. Un gioco di specchi fra libri passati e libri presenti, fra il romanzo stesso e l’autore che diventa personaggio del suo romanzo, scritto però da un altro. E tutto ciò mentre nel romanzo si racconta una storia simile di scambi fra autori e presunti personaggi, a loro volta diventati autori.
Libri fatti di uomini e uomini fatti di libri, come il Peter Kien di Elia Canetti in Auto da fè, l’uomo appunto fatto di libri. Il sinologo di fama mondiale che vive barricato fra i suoi testi di studio che conosce meglio della vita stessa. Anzi i suoi libri sono la vita stessa.
Peter Kien verrà distrutto dalla sua governante, Therese Krummholtz; Daniel Quinn verrà distrutto da se stesso (o forse non è lui ma il suo personaggio a distruggersi?).
Ancora una volta vedo il sorriso sornione di Jorge Luis Borges.
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