martedì 14 luglio 2015

Anatomia del best seller, di Stefano Calabrese (Laterza)

Best seller, definizione magica che, come un programma dalla struttura multiforme e forse un po’ invasiva, è installato da sempre nel database universale del panorama editoriale e letterario. 
È un programma frendly, che può essere d’aiuto, oppure è un malware difficile da estirpare e che confonde dati e aspettative? 
Per i tipi di Laterza è appena uscito Anatomia del Best seller. Come sono fatti i romanzi di successo e il suo autore, Stefano Calabrese, redige un report esaustivo a proposito di questa definizione impegnativa. Dall’analisi delle classifiche internazionali dei libri più venduti, che prendono le mosse dall’azione più o meno nascosta dei giganti mediatici degli States (luogo germinativo, a torto o a ragione, di tutto l’immaginario contemporaneo che declina se stesso ormai con l’idioma anglosassone) alla nascita di quei casi che, come la saga di Harry Potter o le contaminazioni complottistiche di Dan Brown, passando attraverso le ossessioni di Murakami Haruki e senza tralasciare le ridondanze vampiresche e le sfumature più o meno grigie, il lettore trova nella lettura di questo saggio tutto quello che avrebbe voluto sapere sulla fabbrica dei best seller e anche di più.
Ma leggendo Anatomia del best seller si comprende soprattutto quale sia ormai il sottofondo produttivo che, come un fiume carsico pynchoniano che scorre nelle profondità di una metropoli bladerunneriana, l’Autore scopre e pone all’attenzione del lettore attento. Siamo ormai lontani non solo un paio di secoli ma addirittura anni luce dalle factory letterarie alla Dumas che, assiso su una poltrona nel suo Château de Monte Cristo, creava trame infinite dettandole a schiere di collaboratori e scrivani, i famosi “negri” di Dumas, ma siamo anche lontanissimi dalle equipe di ricercatori che circondano Ken Follet e le sue giacche di tweed (la prima, del valore di un migliaio di sterline, acquistata con i proventi del suo primo, neanche a dirlo, best seller), o dalla reiterata pesca d’altura e dai safari estenuanti di Hemingway. Perché ormai il brodo primordiale in cui si uniscono gli enzimi e le cellule che portano alla genesi dei best seller del terzo millennio trova le sue radici nella rete, nel web, nei social, nelle community in cui i lettori e i fan si trasfigurano a loro volta in autori di prequel, sequel e spin-off di altri best seller o nelle confraternite di sceneggiatori hollywoodiani costretti a una momentanea disoccupazione dalla chiusura anticipata di un serial, un brodo primordiale in cui e di cui le major dell’editoria globalizzata sono spettatrici e creatrici al contempo. Una sorta di universo contaminato e contaminante in cui le figure del lettore e dell’autore si fondono, come in una tassonomia letteraria bolaňiana (e, d’altra parte, i maligni sostengono che lo stesso successo dello scrittore cileno sarebbe stato pianificato da agenti letterari nordamericani, cosa che, comunque, sarebbe ancor più bolaňiana di Bolaňo).
Attenzione però, non è che tutto ciò che vive e prospera in questo universo in espansione porterà le dolci stimmate dei venti o trenta o quaranta milioni di copie vendute. Sarà necessaria l’attenzione e di un gruppo editoriale globalizzato e globalizzante, occorreranno interventi di editor dal tocco alla Re Mida, bisognerà creare nelle aspettative dei lettori la necessità di quell’opera, un po’ come faceva Steve Jobs, geniale demiurgo dell’urgenza di occorrenze non necessarie, senz’altro un combattivo team di pubblicitari dovrà far nascere impazienti attese centellinando notizie sui media, ma il primo istante di questo big bang editoriale nascerà dal quel Tempo di Planck che si cela nei segreti di uno storytelling che vive al di là dei suoi stessi creatori e dei futuri autori di best seller. 
Così come nel mondo delle comunicazioni telefoniche da anni il brand primario non è più quello delle compagnie di TLC, bensì quello delle softwarehouse domiciliate a Cupertino e dintorni, o nella piovosa Seattle o nella postbellica penisola coreana, così nel mondo editoriale globalizzato l’autore rimane celato dietro le quinte del vero brand che è ormai il titolo della sua opera una volta diventata best seller. 
Lunga vita quindi ai best seller e lunga vita anche a quei lettori che avranno la capacità di andare oltre il best seller di turno, magari scrivendone uno.
Un libro.
Anatomia del best seller. Come sono fatti i romanzi di successo, di Stefano Calabrese (Laterza).

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