sabato 4 aprile 2015

Dall'ombelico al noir e ritorno

Un tempo, forse negli anni Settanta, si denunciava il fatto che in Italia non esistesse una produzione editoriale gialla o noir o poliziesca degna di questo nome perché si era tutti figli di Manzoni (che secondo me è invece un grande scrittore noir). Si criticava lo scrittore italico come ombelicale, cioè tutto preso dall'osservazione di se stesso e delle minimaliste afflizioni che nascevano da sentimentalismi tipo la morosa mi ha lasciato e adesso che faccio? Poi anche lo scrittore italico è diventato espertissimo di noir e allora tutti a citare (spesso a sproposito) Manchette e Izzo, tutti a dire che il romanzo che avevano scritto era certamente un noir sennò mammamia. Ora leggo da più parti, in special modo negli articoli dei soliti noti che, come da italico costume, già a vent'anni devono essere opinionisti di Corriere, Repubblica, ecc. ecc. già a vent'anni devono essere pubblicati dall'editore che conta ecc. ecc. che lo scrittore italico ha da abbandonare il noir e ha da ritornar a far sue le placentari ossessioni ombelicali. E si fan nomi del terzo e del quarto che, guarda caso, son sempre amiconi dei sopracitati e avrebbero da esser rivalutati, evviva. Un blog letterario di quelli che, come avrebbe detto il Mike Bongiorno, van per la maggiore dà la mossa e da lì è tutto un proliferar di articoli di giornale che sembran l'uno la fotocopia dell'altro.
Sarà mica che lo scrittore ombelicale ha ordito una trama noir per ritornar di moda?

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