lunedì 23 febbraio 2015

I corruttori, di Jorge Zepeda Patterson (Mondadori)

Messico, terra sanguinante che ospita narrazioni misteriche e atmosfere occulte. È nei primi decenni del secolo scorso che nasce l’immaginario condiviso di questo luogo inteso come confine estremo delle passioni umane. Le clandestine Tijuana Bibles principiano i fasti del porno made in USA, che negli Eighties avrà la sua definitiva consacrazione nella californiana (ed ex messicana, of course) San Fernando Valley, mentre Orson Welles filma negli Anni Cinquanta, in un minaccioso bianco e nero, il suo L’infernale Quinlan che si sviluppa a cavallo di quella frontiera tra l’America gringa e l’America dalle influenze latine e ancora, limitanea location filmica del terzo millennio (in salsa sci-fi) e reiterata testimonianza simbolica dell’eterno divisorio psicologico e propagandistico tra presunta civiltà e altrettanto presunta barbarie, Monsters di Gareth Edwards. Una frontiera che è stata territorio narrativo della terminale esposizione di sangue e di morte di Roberto Bolaňo, dell’orrorifico Ossa nel deserto di Sergio González Rodríguez e anche di quell’inquietante oggetto narrativo che è Z. La guerra dei narcos di Diego E. Osorno. 
Acidi deserti di pietre gialle che, loro malgrado forse, più che dividere uniscono trame di morte, di affari, di sofferenza, espiazione e sopraffazione. Una metropoli ipertrofica che è centro del potere e dell’inganno. Complotti che superano ogni confine, ogni frontiera, in una contaminazione tra realtà e finzione  dove la seconda supera la prima e la prima è ispirazione per la seconda.
Jorge Zepeda Patterson unisce e racconta, con quella maestria geniale che è indizio della grandezza dei narratori di razza, questi mondi arrivando al concepimento di un romanzo dai toni epici e mozzafiato che descrive l’attualità politica e criminale di una nazione che è paradigma di contraddizioni economiche dai riflessi planetari. 
Scenografie de I corruttori sono quel Distrito Federal che già fu scenario del bolaňiano I detective selvaggi, monumentale e immenso, nonché quel Golfo che è base degli efferati e demoniaci cartelli della droga che dalla fine del secondo millennio hanno spodestato quelli colombiani e boliviani. Ma scenografie non ultime sono anche le anime dei personaggi, anime che intersecano odio e tenerezza, passione e coraggio, erotismo e amicizia, nitidezza e oscurità, come un eterno Yin e Yang di sentimenti che fondono spirito e vita, amore e morte.
Ma l’Autore descrive altri territori narrativi ancora. Come quel deep web che è stato visitato dalle ultime ossessioni pynchoniane ne La cresta dell’onda o quella infiltrazione digitale fatta di devices e di internet, di computer e mail e che vedeva le sue prime descrizioni e apparizioni nell’opera di altri scrittori sudamericani come quegli escritores raros (Mario Levrero in primis) che da Montevideo iniziavano a fare report narrativi sulla nostra coeva e ormai condivisa fusione di mondo reale e consistenze digitali e di reti, fusione che rende ormai il cyberpunk dei Gibson e degli Sterling quasi profezia medioevale.
I corruttori è romanzo imperdibile, narrazione completa e al contempo rapporto particolareggiato sul presente politico, sociale ed economico messicano.
Un libro.
I corruttori, di Jorge Zepeda Patterson (Mondadori).

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