lunedì 4 novembre 2013

Solaris, di Stanisław Lem (Sellerio)

Avevamo assoluta necessità di questa traduzione integrale. Noi, che da sempre abbiamo cercato nella fantascienza quelle impronte, quelle tracce che ci avrebbero senz’altro condotto al tentativo, forse titanico, di comprendere il presente. Ricordi cinematografici sostengono questa opera dalla lettura irrinunciabile. Le atmosfere rarefatte di Tarkowskij che vengono poi riprese dall’hollywodiano Soderberg e scopriamo (e ci stupiamo di questo e forse non dovremmo), nella postfazione di Francesco M.Cataluccio che Lem preferiva il secondo al primo, in una rivelazione che ci fa comprendere molto di quello che credevamo di sapere, che ci illudevamo di conoscere di quella fantascienza altra che, come quella dei fratelli Strugackij (altri oggetto tarkowskijani con il loro Picnic sul ciglio della strada divenuto l’immenso Stalker) scriveva quasi in opposizione semantica e sintattica alle space operas degne di un western alla John Ford e alle saghe asimoviane debitrici del Decline and fall of the Roman Empire di Gibbon.
Colossale affresco della sofferenza della psiche umana, Solaris va ben oltre l’essere soltanto un romanzo. Solaris è la zona misterica della letteratura, tra quei rimandi borgesiani a infinite biblioteche, enciclopedie e raccolte di articoli sulla Solaristica, che riprendono a amplificano il desiderio inappagato e inappagabile della totale conoscenza (maledizione tipicamente umana) e quella tassonomia fantastica di autori e opere che anticipa di molto il Bolaňo di La letteratura nazista in America.
Luogo inafferrabile a qualsivoglia definizione letteraria, Solaris è l’ostensione anatomica dell’infinita insondabilità della mente umana.
Come disse una volta Lem, nella fantascienza c’è molta spazzatura e, qualche volta, del genio. Stanisław Lem rappresenta senza ombra di dubbio il genio.
Un libro. 
Solaris, di Stanisław Lem (Sellerio).

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