Paolo Milano fu, dal 1957 al 1986, critico letterario de L'Espresso. Costretto all'esilio negli Stati Uniti, a causa della leggi razziali, tenne un diario. Detta così può sembrar semplice, ma gli scritti di Paolo Milano non possono (anzi, non debbono) essere considerati una semplice sequenza di annotazioni quotidiane. Le sue note sono un vero e proprio reportage che, prendendo le mosse apparentemente dagli aspetti più intimi, ci consegnano il sapore, l'odore, i sentimenti di quelle che sono state le atmosfere sociali, politiche e culturali degli anni Cinquanta. Anni vissuti dall'Autore a cavallo fra due continenti, al continuo inseguimento di un ideale di vita purtroppo irrealizzabile. Apparentemente ciniche, le sue annotazioni sono un inestimabile tesoro che ci permette di capire quelle che sono state le nostre radici politiche e culturali e che, nonostante tutto, certi meccanismi e certe dinamiche sono inestirpabili. Viaggiatore fra due continenti, forse non più europeo e certamente non ancora americano, Paolo Milano segna sulla carta le sue visioni più segrete, più personali e più intime che, tuttavia, sono per noi un lasciapassare irrinunciabile per comprendere il nostro presente. Molto stimato da Giorgio Manganelli, frequentatore, suo malgrado, del milieu culturale dell'epoca, Milano si schermisce e stupisce spesso della sua condizione, in uno sfogo personalissimo e amaro che trasfigura le sue parole nel senso di un'epoca che, ferita dall'orrore della Seconda Guerra Mondiale, ha celato, dietro a un apparente ed instancabile iperattivismo, il proprio inguaribile male di vivere.
Un libro.
Note in margine a una vita assente, di Paolo Milano (Adelphi).
lunedì 29 luglio 2013
Note in margine a una vita assente, di Paolo Milano (Adelphi)
giovedì 25 luglio 2013
Il padre degli animali, di Andrea Di Consoli (Rizzoli)
Un’invettiva. Un lamento epico. Una storia corale dove la terra e le pietre si mescolano con la carne e con il sangue. Un racconto dolente dove la vita si mescola con la malattia e con la morte.
Una vicenda tragica nella sua semplicità e semplice nella sua tragicità dove le radici, una volta tagliate, continuano a sanguinare e a nulla vale il ritorno, perché è un ritorno senza speranza.
Il pittore usa il colore per farci osservare quello che scruta. Andrea Di Consoli usa la parola come una pennellata che stende una tinta forte e grezza, dove lo stile si trasforma in verbo e il verbo si trasforma in sentimento.
Una volta, neanche tanto tempo fa, eravamo noi italiani ad andarcene via. Chissà se siamo mai ritornati.
Un libro.
Il padre degli animali, di Andrea Di Consoli (Rizzoli).
Una vicenda tragica nella sua semplicità e semplice nella sua tragicità dove le radici, una volta tagliate, continuano a sanguinare e a nulla vale il ritorno, perché è un ritorno senza speranza.
Il pittore usa il colore per farci osservare quello che scruta. Andrea Di Consoli usa la parola come una pennellata che stende una tinta forte e grezza, dove lo stile si trasforma in verbo e il verbo si trasforma in sentimento.
Una volta, neanche tanto tempo fa, eravamo noi italiani ad andarcene via. Chissà se siamo mai ritornati.
Un libro.
Il padre degli animali, di Andrea Di Consoli (Rizzoli).
mercoledì 24 luglio 2013
La gamba del Felice, di Sergio Bianchi (Sellerio)
"Un paesino che non si capiva bene se era nord della Lombardia o sud della Svizzera”. È questo lo scenario che fa da sfondo a un cambiamento e a una educazione. Che fa da sfondo al cambiamento di un paese che non ha più la voglia di essere un paese contadino, ma che non ha nemmeno la voglia di non esserlo più. Un cambiamento che gli piove dall’alto. Non voluto. Subìto. Che fa da sfondo ad una educazione. Alla educazione di una generazione di adolescenti, troppo giovani per la guerra, ma non abbastanza per non vederla ogni giorno rievocata dalle ferite dei padri. Non abbastanza per non avere la voglia di combatterne comunque una. Una guerra confusa, ribelle, a volte anche ridente. Una guerra che alla fine troverà anche il proprio nemico. E lo troverà in quel cambiamento imposto e subìto. In quel cambiamento che ha fatto anche morire il grande castagno che “era bellissimo”. Una guerra sempre condotta tra la voglia di divertirsi comunque e il dovere di alzarsi presto la mattina, perché “potevi fare tutto quello che volevi l’importante era che al mattino ti alzavi e andavi a lavorare.” Una guerra che continua per tutta la giovinezza. Una guerra comunque persa. Una guerra che porterà l’io narrante alla fine ad approdare a Milano. In quella Milano da dove era partito tutto. Da dove erano partiti i “beat” e le moto e i giornalini e la musica e le chitarre e i mangianastri. Ma da dove era partito assieme a questi anche quel cambiamento non voluto e subìto. La guerra ridente e dolcemente ribelle dell’adolescente è finita. Ne comincia un’altra. Senza ragazze, senza moto, senza chitarre. Ne comincia un’altra. È la guerra che ogni essere umano dovrebbe combattere. Per non perdersi.
Un libro.
La gamba del Felice, di Sergio Bianchi (Sellerio).
Un libro.
La gamba del Felice, di Sergio Bianchi (Sellerio).
giovedì 18 luglio 2013
Di viole e liquirizia, di Nico Orengo (Einaudi)
Come un frutto nasce dalla terra, così questo romanzo nasce tra Piemonte e Liguria. Una simbiosi di luoghi, di colline, di colori e di sapori. Orengo ben conosce il fatto che la Liguria definisce il Piemonte che, a sua volta, ne introduce l'attesa. In bilico tra favola e narrazione, sulla lama di un presente forse artefatto che, senza speranza, cerca di celare le sue manchevolezze e di obliare il tradimento del passato, veniamo irretiti da sensazioni che dimorano nel profondo delle nostre anime. Tutto è forse soltanto un pretesto per nascondere a noi stessi che il tempo è destinato a mutare. Inesorabilmente. E, probabilmente, anche la ricerca della tradizione altro non è se non l'artificioso imbellettamento di una realtà fatta di plastica e di capannoni. La ripetizione costante della terminologia enologica diviene lentamente una sorta di mantra per mezzo del quale, più che una rappresentazione del presente, si cerca di esorcizzare il tradimento di un luogo. Tradimento tanto più terribile tanto più perpetrato dagli stessi suoi abitanti. Non ci sono in questa storia semplici nostalgie o facili sentimentalismi. C'è invece una grande rassegnazione. Una rassegnazione consapevole e lucida, una sorta di tranquilla disperazione. Queste Langhe non sono certamente più terra di "malora", ma, forse, non hanno nemmeno più un'identità. Ci salverà probabilmente il profumo di viole e di liquirizia che si nasconde in quel vino che nasce dalle radici profonde della vita.
Come nascosto è il delicato e forte omaggio che Orengo rende al grande Fenoglio, celato il quel "finally" apparentemente fuori posto e strambo, ma tuttavia così commovente.
Un libro.
Di viole e di liquirizia, di Nico Orengo (Einaudi).
Come nascosto è il delicato e forte omaggio che Orengo rende al grande Fenoglio, celato il quel "finally" apparentemente fuori posto e strambo, ma tuttavia così commovente.
Un libro.
Di viole e di liquirizia, di Nico Orengo (Einaudi).
mercoledì 10 luglio 2013
Viva Tumblr! in versione aggiornata e prossimamente in inglese
Ecco la nuova cover della versione aggiornata di Viva Tumblr! il mio manualetto per l'uso di Tumblr da parte di scrittori, editori e litblog, edito da Errant Editions. Si trova qui e nel Kindle Store di Amazon. E naturalmente in tutti gli store online.
Il testo è in fase di traduzione in inglese nella versione aggiornata, la cover è già pronta. E appena sarà pronta verrà segnalata.
Il testo è in fase di traduzione in inglese nella versione aggiornata, la cover è già pronta. E appena sarà pronta verrà segnalata.
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libri che ho scritto
lunedì 8 luglio 2013
Un appello di Lietta Manganelli
Ricevo e pubblico questo appello di Lietta Manganelli per la sopravvivenza del centro studi Giorgio Manganelli.
Cari amici,
vorrei raccontarvi un po' il
percorso di questo anomalo Centro Studi, intitolato al più anomalo degli
scrittori italiani: Giorgio Manganelli.
Nell'anno 2010 cadeva
l’anniversario dei vent’anni dalla morte di Giorgio Manganelli, scrittore, giornalista
e quant’altro, nonché mio padre.
Ma essendo mio padre un
personaggio fuori dalle regole possiamo autonomamente decidere che Manganelli
non ha bisogno di una ricorrenza per essere s-commemorato.
Quindi abbiamo programmato e
messo in essere degli eventi, vuoi per ricordarlo, vuoi per farlo conoscere a
un pubblico più vasto. Infatti il mio sogno è sempre stato quello di
“snicchiarlo” (chissà se questa espressione gli sarebbe piaciuta), cioè di
toglierlo da quella “nicchia” in cui è stato messo sia per la sua obiettiva
difficoltà, sia per la sua indubbia “scomodità”.
A Roma, il 5 Maggio 2010,
presso la Casa delle Letterature in Piazza dell’Orologio, è stato inaugurato il Secondo Cantiere
Manganelli, che comprendeva un mostra di disegni ispirati a “Centuria”, varie
presentazioni di libri in uscita, un dibattito, e un documentario assolutamente
inedito.
A Milano, il 9 Maggio sempre
del 2010, presso l’Istituto Ciechi di Via Vivaio, è stata messa in scena,
naturalmente nel Teatro rigorosamente al buio, l’ “Intervista a Dio”, e
credetemi, un teatro “di parola” come quello di mio padre raggiunge, in un
simile ambiente, una suggestione assolutamente irripetibile.
L'11 novembre a Pavia, il
Centro Manoscritti e l'Università gli hanno dedicato una giornata di studi con
l'intervento di studiosi, appassionati e quant'altro. Il primo numero di
“Autografo” è stato dedicato agli atti di questo convegno.
Il 15 Novembre 2010 una
serata conviviale all'hotel Ala d'Oro di Lugo di Romagna, ha “festeggiato” il
compleanno del Manga.
Il 2 Dicembre 2010, a Milano, città dove
mio padre è nato e che sembra averlo dimenticato, è stata aperta una mostra
fotografica che ha ripercorso la vita di mio padre attraverso immagini
originali dell'epoca (e che ora desidererei far girare).
Altri eventi sono in fieri,
ci sto lavorando, credetemi con difficoltà difficilmente immaginabili. A molti
ho dovuto rinunciare per mancanza di fondi.
Il sito
(www.manganelli.altervista.org) è in stato messo in linea e comprende tutte le
informazioni, in tempo reale, utili e indispensabili per gli estimatori di mio
padre, che sono molto più di quelli che credevo.
Il 17 febbraio 2012 alla
Biblioteca Classense di Ravenna è stata inaugurata la mostra dei disegni per
“Centuria” di Paolo della Bella e una esposizione di tutte le prime edizioni
dei libri di mio padre e di tutti, o a quasi, il libri di mio padre tradotti in
lingua straniera.
Il 21 e 22 aprile 2012 a Roma è stato
organizzato un happening di manganelliani presso il Centro Sociale Brancaleone
dove si è potuto parlare, confrontarsi, visionare testi introvabili o
addirittura inediti, vedere filmati, che sono una vera rarità (forse nemmeno la
Rai si ricorda di averli fatti), ascoltare registrazioni e quant’altro ci fosse
venuto in mente. Evento che è stato sicuramente solo un punto di partenza per
“inventare” un modo nuovo per avvicinare i giovani e non solo alla letteratura.
Vi chiederete, allora, il
perché di questa mia lettera. Solo per informarvi di tutti questi eventi?… Purtroppo no.
Tutto questo sarà il canto
del cigno del centro studi che da tempo cerco di mettere in piedi.
Chi ha già avuto modo di
contattarmi sa bene che non mi sono mai tirata indietro, mi ha trovata sempre
disponibile a rispondere alle più svariate domande, a fare e inviare fotocopie,
copie di CD e DVD, a reperire e inviare copie di libri ormai esauriti da tempo
e quant’altro fosse utile e necessario…
Tutto questo a opera di un
Centro Studi che non è mai nato. Mi sovviene un aforisma di mio padre che forse
non ho mai capito bene come ora: “E’ incredibile il numero di cose che ha fatto
gente che non è mai nata!”. Ovviamente il Centro Studi non è mai nato, ma io
sì, e di tutto mi sono fatta carico in prima persona. E, credetemi, vorrei
continuare a farlo.
Ma… la gestione economica è
divenuta insostenibile… e la cultura, oggi come oggi non è certo sostenuta dal
pubblico, anzi… come mi disse una volta mio padre, tra il serio e il faceto:
“Vuoi fare cultura?… bene, fai pure, ma ricordati che sarai punita”.
Bene, la mia punizione
sarebbe abbandonare questa mia creatura, lasciar perdere, smettere di studiare
le carte di mio padre, di cercare, negli archivi più disparati, cenni del suo
passaggio. Smettere di dare tutto il sostegno possibile, e anche quello
impossibile, a giovani che su mio padre volessero laurearsi, e sono molti di
più di quanti si creda, o solamente avere notizie, parlarne, confrontarsi…
Smettere di cercare nelle varie emeroteche, redazioni di giornali e quant’altro
per reperire articoli e scritti, a volte fondamentali, di mio padre, che
altrimenti cadrebbero nell’oblio. Smettere di cercare, acquistare e sbobinare
cassette (che credetemi, hanno un prezzo proibitivo) della Rai che contengono
interventi di mio padre, interventi di cui non esistono dattiloscritti. Molti
degli ultimi libri pubblicati di mio padre sono nati così. Tutte cose che hanno
un costo, che comportano, oltre al tempo e alla passione, (e… il tempo si trova
e la passione non manca), anche delle spese vive: posta, viaggi, telefono, e
altro che non sto a elencarvi, che io, da sola, non sono in grado più di
sostenere.
Non cerco donazioni, né
grandi cifre, lungi da me l’idea, come qualcuno ha insinuato, che io voglia
speculare sul nome di mio padre, ma solo che gli amici, gli estimatori di mio
padre, secondo le loro possibilità, partecipino a questo lavoro, che, ne sono
convinta, sarà poi una ricchezza, culturale e di vita, per tutti.
So perfettamente che la
maggior parte di voi è formata da giovani e da studenti, ma il mare è fatto di
piccole gocce. Se chi vuole, senza nessun impegno né obbligo, partecipasse,
secondo le sue possibilità, forse potremmo, tutti insieme, far sì che questo
sogno non restasse un sogno, ma diventasse una realtà, potremmo fare in modo
che questo visionario autore, di cui molti di noi sentono la mancanza,
rimanesse vivo e vitale. Sapeste quante
volte, di fronte ad accadimenti attuali, mi sono chiesta: “Chissà cosa avrebbe
detto”, per poi scoprire che, magari trenta anni prima, lui “l’aveva già
detto”.
Quindi, per concludere,
quello che chiedo è che gli amici, secondo le loro possibilità, partecipino,
anche economicamente, alla nascita di questo Centro Studi che sarà poi a
disposizione di tutti.
Rimane inteso che sarà tutto
documentato e che i soci “benemeriti” di ora godranno poi di facilitazioni e
benefici.
Se tutto questo vi piace e vi
interessa, se pensate che ne valga la pena e che sia un peccato che il lavoro
svolto finora vada perso, fatevi sentire e ripartiremo.
A presto, spero. Lietta
Manganelli.
349 7789466
Se tutto quello che vi ho
raccontato vi ha convinto, se volete che tutto questo lavoro non vada perso,
potete intervenire di persona e impegnarvi a trovare altri sostenitori.
In che modo si può
intervenire?
Donazione e conseguente
iscrizione alla costituenda associazione ( che verrà ufficializzata al più
presto).
La quota per l'iscrizione
minima è di 50 euro, 30 per gli studenti, che, come è noto sono sempre ricchi
di entusiasmo ma poveri di pecunia.
La quota può essere versata
su una poste pay attivata a questo scopo. Tutto verrà registrato e l'iscritto
riceverà un tesserino attestante l' iscrizione.
Poste Pay
4023 6006 4164 1685
intestato a Manganelli Amelia
Antonia
Onde evitare le lunghe file
alle poste è possibile ricaricare la Poste Pay anche presso i tabaccai. In
questo caso è necessario il mio codice fiscale:
MNGMNT47E60I153T
Eccovi anche i dati bancari
utili allo stesso scopo
Cassa di risparmio di Firenze
Filiale di Navacchio (Pisa)
IBAN IT77 Z061 6070 9510 0000
0004 248
BIC CRFIIT3F
Intestato a Manganelli Amelia
Antonia
Penso che un piccolo
sacrificio per il grande Manga sia possibile e doveroso.
In questi anni mi sono sempre
fatta carico io di tutto ma ora non mi è più possibile.
Grazie e a presto
Manganelli Amelia Antonia
detta Lietta
Possiamo farcela, se siamo
abbastanza folli da crederci. Lo siamo? Io credo di sì.
giovedì 4 luglio 2013
Zoo a due e Le mille e una pagina
Sabato 6 luglio avrò il piacere di presentare Marino Magliani alla libreria Le mille e una pagina. Si parlerà di Zoo a due, l'ultima sua opera scritta a quattro mani con Giacomo Sartori e edita da Perdisa Pop.
mercoledì 3 luglio 2013
Zoo a due, di Marino Magliani e Giacomo Sartori (Perdisa Pop)
Un’odissea canina che strappa brani di sofferenze condivise
e dolorose, picarescamente condotte per mano attraverso le pietre e gli alberi
di un entroterra ligure onirico, che deposita se stesso tra le pieghe di
paesaggi disegnati col colore del sangue. Un’odissea canina che si snoda in due
atti, due atti che fanno da definitivo spartiacque di una silloge di
inquietanti ritratti dove Fedro incontra Wittgenstein in uno scambio di ruoli
che più che traslazione è denuncia.
Permute angoscianti di prospettive altrettanto angoscianti,
così come angosciante non può che apparire quel fluire del tempo che chiamiamo
vita. E a maggior ragione angosciante se si trasla in prospettive che avevamo
comunque sempre sospettato, ma che la bravura e il coraggio degli Autori ora ci
pone di fronte, scardinando sicure certezze e millenarie sicumere da homo
sapiens.
Può un cane essere vettore delle vite degli esseri umani? E che
dire di un’ameba che si pone interrogativi sui confini della propria anima?
Come una coppia di Candide volterriani che si soffermano a indicarci con
sapiente e innocente conoscenza una pagina della Encyclopédie a a noi ancora sconosciuta, Marino Magliani e Giacomo
Sartori ci aprono in questo Zoo a due
le loro anime e fanno in modo che gli stessi lettori non possano rimanere
indifferenti alla dimostrazione narrativa che si snoda di fronte ai loro occhi.
Libro di racconti, saggio filosofico nel solco della miglior
tradizione settecentesca, forse pamphlet godibilmente accusatorio, Zoo a due è un oggetto narrativo che va
letto e meditato perché i suoi confini vanno ben oltre l’ultima pagina.
Un libro.
Zoo a due, di
Marino Magliani e Giacomo Sartori (Perdisa Pop).
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