giovedì 27 settembre 2012

Il premio letterario di Edizioni Libere

Edizioni Libere, concorso letterario - Salento - FuturaTv
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Edizioni Libere, casa editrice indipendente e sperimentale con sede a Maglie, indice un concorso letterario rivolto ad opere inedite di poesia, narrativa e saggistica.
Il concorso, dal titolo "Rinascimento contemporaneo" mira alla valorizzazione del patrimonio ambientale e faunistico. Il tema proposto per il concorso prende il titolo, infatti, di “Flora e Fauna. La natura di noi due”.

Poeti e scrittori di tutti i tempi hanno dedicato le pagine più sorprendenti della loro produzione letteraria alla natura e agli animali, cogliendone quel nucleo di verità della vita che si manifesta con immediatezza, innocenza, vigore e semplicità.
Lo scopo dell’iniziativa promossa da Edizioni Libere è quello di tutelare, valorizzare e promuovere attraverso la letteratura di qualità, il patrimonio ambientale del territorio italiano a sostegno del suo sviluppo sociale, economico e culturale ed in quanto potenziale per la crescita di un turismo eco sostenibile.
La partecipazione al concorso è gratuita e richiede l’accettazione del seguente regolamento:

Art. 1: Possono partecipare al concorso i cittadini italiani con opere inedite, ossia mai pubblicate presso un editore. È obbligatoria la loro adesione al tema rispondente ai criteri indicati nella presentazione.

Art 2: Gli elaborati devono essere inviati tramite posta elettronica, in formato MS Word, all’indirizzo: redazione@edizionilibere.com entro e non oltre il 31 dicembre 2012.
Gli autori, nell’e-mail di presentazione, devono riportare i loro dati personali (nome, cognome, luogo e data di nascita, indirizzo di residenza, recapiti telefonici ed elettronici), titolo dell’opera o delle opere (nel caso di testi poetici), la dichiarazione che confermi la paternità dell’opera, la liberatoria relativa ai diritti in materia di privacy così formulata:
“Io sottoscritto/a autorizzo la casa editrice Edizioni Libere all’uso dei miei dati personali ai sensi del D.Lgs. 196/2003 ai soli fini del concorso.

Art.3: Ai poeti è richiesto l’invio di un numero massimo di tre poesie.
Gli scrittori possono inviare un racconto breve (max 6000 battute, spazi compresi).
Ai giornalisti si richiede un articolo (max 3000 battute, spazi inclusi).
I saggisti possono inviare un saggio breve lunghezza non superiore alle 6000 battute.

Art. 4: Tra gli elaborati pervenuti, solo quelli ritenuti meritevoli, a insindacabile giudizio della redazione di Edizioni Libere, saranno pubblicati in un volume di pregiata fattura, di cui sarà prevista anche una versione in formato digitale.
Agli autori premiati saranno consegnate due copie omaggio insieme ad originali idee regalo a tematica naturalistica.
L’esito del concorso con la designazione dei vincitori, tempi e luoghi della premiazione, saranno comunicati attraverso il sito della casa editrice e i social networks, in data 15 aprile 2013.

Art.5: Il libro, contenente le opere vincitrici, godrà di una promozione e diffusione nazionale, attraverso le maggiori librerie tradizionali e virtuali.

La non ottemperanza anche ad una sola delle clausole esposte, comporta l’esclusione dall’iniziziativa
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domenica 23 settembre 2012

Errant Editions su Infly-Il magazine da prendere al volo

Errant Editions prende il volo. Infatti il numero di settembre di Infly-Il magazine da prendere al volo ospita a pag.10 un articolo di Francesca Mazzucato I luoghi e la passione e a pag. 12 uno mio Il gioco di specchi.
Se volete leggere i due articoli avete due possibilità: o prendete un aereo o andate qui.
Un grazie particolare a Francesca Mazzucato, che ha reso possibile la presenza di Errant Editions su questo magazine.

giovedì 20 settembre 2012

Ktopic e #LitBlogStorm

Due le novità che si coagulano attorno all'universo dei blog letterari. k.Lit, il sito di riferimento del festival che si è tenuto a Thiene gli scorsi 7 e 8 luglio (a cui ho avuto il privilegio di partecipare in veste di relatore) lancia il tag Ktopic, una serie di interventi dei relatori di questa edizione ai quali è stato chiesto di scrivere un post sul tema "Il presente ed il futuro dei blog letterari". Morgan Palmas mi ha proposto di fare da apripista e io, da passante che distrattamente scrive di libri e di letteratura, ho accettato subito. Il mio intervento lo potete leggere qui.
Sul Romanzo, il blog che ha organizzato il festival dei blog letterari, invece propone un'interessante serie di questioni che si pongono come work in progress in relazione al rapporto fra scrittura, lettura, editoria, web e litblog. Non è il solito tentativo di rimarcare analisi che periodicamente solcano i mari del web, ma è la proposta di iniziare un serio confronto su tutte quelle tematiche che stanno alla base di quell'affascinante rapporto che unisce tutti coloro che scrivono/leggono sul web.
Una sorta di parola chiave unisce i post che leggerete: evoluzione. Non l'abbiamo concordata. E' nata da sola, aprendosi la strada tra i nostri interventi. Il motivo non lo so, ma so che significa qualcosa.

La sfida, di Norman Mailer (Einaudi)

Momenti, attimi di cronaca di eventi che hanno denotato la postmodernità. La sfida è uno di questi. Il match (The Rumble in the Jungle) che in una notte degli anni Settanta vide contrapposti Muhammad Alì, alias Cassius Clay, e George Foreman è l’oggetto di questa cronaca, romanzo, confessione di Norman Mailer.
Sfida per il titolo mondiale dei pesi massimi, a Kinshasa, capitale dello Zaire, l’ex Congo belga, macchia gialla nelle cartine del continente africano, summa estrema, piegata alle esigenze televisive e pubblicitarie,  di sfide esotiche e di mortali cuori di tenebra conradiani.
Norman Mailer analizza, espone, descrive. Entra ed esce dal personaggio del cronista per assumere le sembianze affascinanti del narratore, di quel narratore che si amalgama in modo definitivo con la stessa narrazione. Una narrazione prodromica, alla ricerca del grande romanzo americano e mondiale, in attesa e in cerca del momento determinante che analizzi una volta per tutte il momento totalizzante della parola.
La sfida è ben più della cronaca di un avvenimento sportivo, è ben più della rappresentazione di un evento mondano. La sfida è una ricerca nell’animo profondo e sottotraccia di quella sfuggente e definitiva macchina narrativa che è l’America. L’America intesa come sfondo narrativo totale, come scenografia del tutto, come luogo finale del confronto tra le anime e i corpi.
Norman Mailer trasfigura i personaggi, i luoghi, le comparse, perfino il trascorrere del tempo, per cui le settimane diventano secondi e i secondi si trasformano nelle ere geologiche di una sfida non solo sportiva, ma umana, politica, mondiale.
Analisi antropologica, culturale e romanzesca di un presente che comprende in sé tutto il passato di una nazione e forse tutto il futuro del mondo, La sfida è un match letterario che va oltre l’ultima ripresa e vince per Knock-out.
Un libro.
La sfida, di Norman Mailer (Einaudi).

martedì 18 settembre 2012

La settima vittima, Marcello Mastroianni, Elio Petri e Nottetempo

Nel 1965 Elio Petri gira un film. La sceneggiatura è, tra gli altri, di Ennio Flaiano e Tonino Guerra. Il film si intitola La decima vittima ed è ispirato a uno dei racconti che compongono la raccolta di Robert Sheckley  La settima vittima. Ne nasce un film che è una vera e propria opera d'arte pop, paradigma filmico che amalgama visoni letterarie e cinematografiche dove Marcello Mastroianni e Ursula Andress si muovono in un paesaggio a metà strada tra ironica angoscia e architetture oniriche.
La prima volta che scoprii il racconto di Sheckley che ispirò Elio Petri fu leggendo quel monumento alla fantascienza che è Le meraviglie del possibile, antologia curata da Sergio Solmi e Carlo Fruttero, opera che ancora oggi è una guida dalla completezza perentoria e ispirata per tutti gli amanti della fantascienza.
Ora La settima vittima è ripubblicata dalle edizioni nottetempo. Un'ottima notizia.

venerdì 14 settembre 2012

Le rose del ventennio, di Gian Carlo Fusco (Sellerio)

A volte reminiscenze adolescenziali portano a rispolverare ricordi ormonali. Un numero sgualcito di Playboy, quello della edizione italiana degli anni Settanta, diretta da Maurizio Mosca. Il Playboy che, per intenderci, vendeva un milione di copie mettendo in copertina Ornella Vanoni. E questi ricordi lontani di acerbe scoperte erotiche mi portano alla mente il nome di Gian Carlo Fusco che, proprio in quel numero, se non ricordo male, era autore di un lungo, circostanziato ed ironico articolo sulla partouze. Il nome di Gian Carlo Fusco si è da allora sedimentato nelle mie ricerche letterarie che, negli anni, mi hanno fatto poi scoprire questo irregolare della letteratura. Leggere Fusco ha la sua importanza per due motivi. Il primo è quello, direi quasi igienico, della liberazione per un istante dalla contemporaneità del narrare, liberazione che ci fa riscoprire un autore a suo modo anarchico e guascone. Il secondo è quello di riportare il lettore, almeno per un attimo, a quello scrivere che è quello dei Montanelli e dei Piero Chiara, quello scrivere apparentemente leggero dove la leggerezza altro non è se non un modo per rimarcare, invece, la pesantezza del vivere quotidiano. Quello scrivere dove l’ironia ha il pregio di trasformarsi in una lama affilata che fa a pezzi i luoghi comuni di quell’italietta che, da sempre, alberga anche nei cuori e nei comportamenti più insospettabili.
Gian Carlo Fusco, con Le rose del ventennio, dipinge con pennellate decise ed essenziali, il ritratto di quell’italietta, di quel misto di tragica comicità e di comica tragedia che, purtroppo da sempre, fanno da sfondo alla nostra storia patria. Solo la penna, geniale nella sua austera semplicità, di uno scrittore fuori dagli schemi come Fusco poteva donarci un ritratto così pregnante di noi stessi. Le rose del ventennio è sì ambientato tra la presa di potere del fascismo e la guerra d’Albania, ma la sua contemporaneità è semplicemente disarmante. Come un abito di alta sartoria che dura negli anni e sfida tutte le mode, i racconti che compongono Le rose del ventennio possono tranquillamente essere adattati alla nostra storia contemporanea senza alcun problema. Certi ritratti, certe parole d’ordine, certe posture, certi personaggi di quest’opera appartengono di diritto a quella eterna commedia dell’arte che unisce sapientemente letteratura, storia, critica sociale e genialità compositiva e che non risente del passare del tempo. Quella commedia dell’arte della quale siamo tutti inconsapevoli protagonisti. Quella commedia dell’arte che Fusco ha saputo descrivere e far vivere. Per sempre.
Un libro.
Le rose del ventennio, di Gian Carlo Fusco (Sellerio).

giovedì 13 settembre 2012

Ogni volta che leggo Guido Morselli mi girano i coglioni

Ogni volta che leggo Guido Morselli mi girano i coglioni. Sì, mi girano proprio i coglioni. E mi girano ogni volta che lo leggo e ogni volta che penso che l'editoria italiana se lo spupazza e se lo mette sull'altare dei mammasantissima della letteratura solo da quando il Morselli si è suicidato. Uno dei più grandi scrittori delle nostre fottute patrie lettere, uno che poteva dare (e che dà comunque) dei punti a tutto il postmodernismo amerikano, a tutti gli scribacchini anglosassoni che trovano il loro punto finale nel DFW e in tutte le polemiche tra lui (morto) e un Bret Easton Ellis che è più morto che vivo. Tutta una manfrina letteraria d'oltreoceano che, se fossimo noi tenutari di una letteratura seria, ce ne staremmo zitti e mosca e non la degneremmo nemmeno di uno sguardo, tanto non è nemmeno degna dell'episodio pilota di Entourage.
Ho cominciato a leggere Morselli sul finire degli anni Settanta e da poco ho terminato il suo Divertimento 1889 e sto leggendo i suoi Diari. Sono passato attraverso Dissipatio HG, Roma senza Papa, Contropassato prossimo e ogni volta che lo leggo mi confermo in quel disprezzo che ho per le nostre patrie lettere, luogo del tutto inadatto a capire e a comprendere quelle che sono le reali dimostrazioni di genio letterario. Sì, lo ripeto e lo ripeterò all'infinito... ogni volta che leggo Guido Morselli mi girano i coglioni.

Mendel dei libri, di Stefan Zweig (Adelphi)

Esistono, a saperli cercare, veri e propri tesori che testimoniano con le parole quella dolce e terribile maledizione che attraversa l’anima di ogni lettore e di ogni appassionato di libri.
È il caso di Mendel dei libri, di Stefan Zweig, piccolo racconto edito da Adelphi nel piccolo formato caratteristico dei tipi della Biblioteca Minima. Ma mai come in questo caso piccolo è sinonimo di grande e di eccelso.
La storia di Jakob Mendel, commerciante di libri per intenditori e collezionisti, uomo dall'aspetto insignificante e tuttavia infallibile conoscitore di cataloghi editoriali e di aste di testi antichi, costantemente seduto al tavolino di un affollato caffè di Vienna dove passa le ore leggendo isolandosi da tutto e da tutti, un uomo che, come recita la quarta di copertina, “forse non ha letto tutti i libri, ma che tutti li conosce”. Ecco la definitiva ambizione a cui tutti noi, lettori posseduti dal demone della lettura e dei libri, aspiriamo: conoscere tutti i libri, anche quelli che non abbiamo e che non riusciremo mai a leggere. Una storia che si ammanta di quelle atmosfere mitteleuropee portatrici di quei significati nascosti che si ritrovano in tanti autori proposti da Adelphi.
Mendel dei libri è una tragica e appassionata cripta dei cappuccini letteraria, una appassionante e sognante auto da fè di stampo canettiano in cui Jakob Mendel tuttavia non appare come il Peter Klein tradito e condannato dalla propria passione e dalla ignobile governante Therese Krummholtz, bensì come un uomo travolto da quelle vicende storiche che improvvisamente si riversano su tutta l’umanità e che travolgono tutti i mondi, anche quello di carta di cui Mendel è sovrano.
Jakob Mendel è l’archetipo di chi ha dedicato e dedica tutta la propria anima al libro non in quanto oggetto, bensì come componente essenziale della vita. Componente che però soccombe di fronte a un dramma come quello della guerra. Mendel dei libri è la sognante lirica di quel mondo in cui noi tutti lettori vorremmo perderci, ma è anche un guardingo avviso verso tutta l’umanità: verranno momenti che faranno strame di tutto, anche dei nostri amati libri. Sta a noi, come lettori, far si che ciò non accada e, paradossalmente, è proprio il libro l’arma migliore contro i mostri generati dal sonno della ragione. E Mendel dei libri è una di queste armi.
Un libro.
Mendel dei libri, di Stefan Zweig (Adelphi).

venerdì 7 settembre 2012

La mia stirpe, di Ferdinando Camon (Garzanti)

Ci sono libri che hanno la capacità di penetrare fin nel profondo dell’anima, scavalcando con grazia letteraria tutto il superfluo che, con colpevoli automatismi, denota a volte la produzione editoriale.
Diventiamo così troppo spesso schiavi dell’inutile, del sovrabbondante, dell’eccessivo, spettatori di una rincorsa che parte dal nulla per arrivare al niente.
Ferdinando Camon, con La mia stirpe ci richiama tutti all’ordine, riscoprendo e presentando quella che dovrebbe essere la narrazione principe di una comunità letteraria. Una comunità letteraria che dovrebbe avere l'obiettivo di andare in cerca delle pietre miliari che segnano il divenire di una letteratura che dovrebbe essere, e troppo spesso non lo è, degna di questo nome.
La mia stirpe è una narrazione dell’animo umano, una narrazione della vita nel suo senso più intimo. Ferdinando Camon non ha nessuna paura, nessuna remora nell’andare contro pregiudizi e atti di fede fin troppo stupidamente e automaticamente consolidati.
Il suo raccontare delicato e forte al contempo non è soltanto un percorso in cerca delle proprie radici famigliari, non è soltanto il confronto dell'io narrante con le figure archetipiche del padre e del figlio.
La mia stirpe è un vero e proprio atto rivoluzionario come da tanto, da troppo, tempo non se ne vedevano.
Ferdinando Camon ha il coraggio di scardinare, con una narrazione completa, serena, pacata e non scevra da una geniale autoironia, atti di fede fin troppo duraturi. Ferdinando Camon ha la forza di presentare al lettore un libro di valore che dimostra, per fortuna, che c’è ancora qualcuno che, attraverso la parola scritta, analizza senza pudori ideologici il conflitto e il confronto che si inscena da sempre fra gli elementi più importanti della vita e della morte.
La mia stirpe è un libro determinante, importante, fondamentale e imprescindibile, ancor più in questo momento. La mia stirpe è una bussola letteraria che va letta e meditata. E dalla sua lettura e meditazione vorrei che ne traessero qualche insegnamento gli scrittori, i lettori e gli editori.
Un libro.
La mia stirpe, di Ferdinando Camon (Garzanti).

martedì 4 settembre 2012

92 Giorni, di Larry Brown (Mattioli 1885)

C’è un rapporto stretto, drammatico, quasi placentare fra chi narra la sofferenza di chi scrive e chi, appunto, scrive. L’atto stesso del raccontare e del raccontarsi vive di angoscia, di afflizione, specialmente nel condiviso divenire dell’incertezza di un accoglimento da parte di chi, l’editore, è arbitro insindacabile di approvazione.
Tanti, quasi infiniti, sono i romanzi che hanno per oggetto questa angoscia, questa afflizione, questa dolce e terrificante sofferenza. Come non pensare al John Fante di Chiedi alla polvere o a quel monumento assoluto dell’avventura totalizzante dello scrittore che è il Martin Eden di Jack London.
92 Giorni, di Larry Brown, rappresenta un’altra solida pietra che va ad aggiungersi a quelle che hanno, nel tempo, costruito quel compatto edificio innalzato con il racconto delle vicende di chi cerca, pur annaspando nell’incertezza della vita, di rimanere con disperazione ancorato alla convinzione delle parole che scrive.
92 Giorni non è l’epifania sicura del futuro successo letterario che talvolta troviamo nella certezza di certi scritti di Hemingway o di Henry Miller, no. 92 Giorni porta in sé il peccato originale di quel tranquillo sconforto che tanta parte ha in certe pagine di Carver, di Bukowski, di Brautigan.
Una narrazione affilata che non lascia spazio al superfluo, all’inutile, ma che invece guarda senza timore alcuno in quell’abisso di fallimento e di entusiasmo che costituisce, deve costituire, il necessario nesso causale che porta chi scrive ad essere comunque parte del mondo, ma di quella parte che lotta per non subire, di quella parte che lotta semplicemente per raccontare.
Consigliato assolutamente a tutti coloro i quali hanno un libro nel cassetto.
Un libro.
92 Giorni, di Larry Brown (Mattioli 1885).