Joseph Conrad, nel tentativo di spiegare la complessità e la particolarità dell’atto creativo dello scrittore, diceva: “come faccio a spiegare a mia moglie che anche quando sto guardando fuori dalla finestra io sto lavorando?”.
Giorgio Manganelli, invece, si schermiva quando veniva definito scrittore: “All’incirca come se, dopo il nome, scrivessero zebra malinconica; o alchimista o spogliarellista a Miami o produttore di rossetti per pellicani”.
Tautologicamente, e senza alcuna ironia, uno scrittore è semplicemente uno che scrive e uno che scrive compie un atto che può farlo, a volte, definire anche scrivente, inquietante participio presente utilizzato in genere da recensori spietati e, a volte, da critici autoproclamatisi giustizieri della pletora dei narratori.
E quindi? Lo scrittore esiste veramente? E se esiste, chi, o cosa, è? E che cosa fa?
Francesco Piccolo (sì, proprio l’autore, tra le altre opere, di Momenti di trascurabile felicità, edito da Einaudi) ci regala un utile e godibilissimo baedeker che ci dà qualche significativa coordinata al fine di orientarci in quel pianeta lontano dove abitano scrittori, scriventi, agenti letterari ed editori. Insomma, tutto quel rutilante mondo dove vorremmo stare anche noi, partorendo decine di romanzi e centinaia di racconti, sorseggiando liquori e assistendo a corride, come Hemingway, o osservando con misurata indifferenza la vita nuovayorkese, come Don DeLillo, o scambiandoci battute e pacche sulle spalle con Mohamed Alì, come Norman Mailer.
Ma Francesco Piccolo ha il grande merito di sfrondare sogni vertiginosi e ambizioni sfrenate, riportandoci tutti con i piedi per terra. Lo scrittore non è per nulla una figura mitica e la sua opera è il risultato di ore di lavoro a tavolino, letture, riscritture e grande fatica. Nessuna luce della ribalta, ma un impegno serio e quasi artigianale, segnato da tecnica, preparazione, mestiere e anche un po' di sana ispirazione. Scrive infatti Piccolo nelle prime pagine: "Lo scrittore è invece una combinazione perfetta tra un creativo e un impiegato, senza alcuna gerarchia tra le due parti della combinazione: nessuna delle due può mancare."
Se avete il desiderio o l'urgenza o la passione o l'illusione o la vocazione di diventare scrittori dovete leggere questo libro.
Un libro.
Scrivere è un tic - i segreti degli scrittori, di Francesco Piccolo (minimum fax).
4 commenti:
Ti dovessi dire, in effetti mi piacerebbe essere una zebra malinconica. La zebra malinconica possiede il mimetismo perfetto per piangere indisturbata.
E "nuovayorkese" è una gemma rara. :-) Adoro che mi si lancino reminiscenze di tv in bianco e nero alla Ruggero Orlando.
Qui Nuova York, vi parla...;)
Jay macinerney definisce la scrittura "una tortura autoinflitta". Non mi ricordo chi invece ha definito l'ispirazione come " roba da dilettanti ".
E' stato Chuck Close, pittore iperrealista e fotografo americano.
Concordo pienamente con entrambe le citazioni.
Lo stesso Sebastiano Vassalli un giorno mi disse che per lui scrivere era un lavoro faticosissimo e per nulla divertente e che non riusciva a comprendere lo stato d'animo di quegli scrittori che invece trovavano rilassante la scrittura.
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