martedì 7 dicembre 2010

Intervista a Luca Lorenzetti

Luca Lorenzetti, giornalista pubblicista, è stato presidente dell'Associazione Nazionale Stampa Online, che ha contribuito a fondare. Ha pubblicato numerosi libri e manuali dedicati alla scrittura e al Web. L'ultimo è Scrivere 2.0. Questa è l'intervista che mi ha concesso.

Nelle primissime pagine di Scrivere 2.0 esorti il lettore ad organizzare il proprio lavoro per non perdere il contatto con la continuità della scrittura. A questo proposito citi Heather Sellers: “Se ti prendi un giorno di pausa dalla scrittura, la tua musa si prenderà i tre successivi”.
Trovo questa citazione decisamente azzeccata. Ma, nell’ottica del web 2.0 inteso non solo come strumento ma anche come ambiente dotato quasi di una vita propria (penso alla versione “social”), la scrittura è sempre la stessa di quando si usava la “lettera 22” o il mezzo ha cambiato anche il messaggio?
Affronto questo tema proprio nel primo capitolo del libro, scaricabile gratuitamente da qui dove propongo un elenco di quelle che a mio avviso sono le mutazioni più evidenti che la scrittura ha subìto in seguito all'affermazione del web sociale. La scrittura ai tempi del Web 2.0 è proiettata naturalmente verso la condivisione e fortemente predisposta verso la collaborazione. Ciò che scriviamo su blog e social network, dove il contenuto prescinde dal contenitore, può prendere percorsi spesso imprevedibili. E' inoltre una scrittura potenziata e arricchita da elementi ipertestuali e multimediali.
Il Web ha cambiato profondamente il nostro modo di scrivere e di comunicare. Ti faccio un esempio che viene proprio da una mia lettrice, Camilla Cannarsa di Librisulibri.it, che a proposito di Scrivere 2.0 ha scritto che quando lo apri "la prima sensazione che hai è quella di avere davanti un blog di carta". Questa affermazione, che mi ha colpito particolarmente, mi ha anche confermato quanto io abbia ormai metabolizzato il Web nella mia scrittura, nel modo di comunicare e di esporre i contenuti. 
Quando circa un anno fa, cominciando a lavorare sul libro, sono tornato a scrivere un testo pensato inizialmente solo per la carta, mi sono trovato a soffrire per l'impossibilità di poter ricorrere in modo naturale a elementi come l'ipertesto e la multimedialità. Avvertivo quasi come un handicap il fatto di non poterli utilizzare nella mia scrittura. 

Nel secondo capitolo del tuo libro offri un’interessante disamina di tutti quegli strumenti che ci permettono di prendere appunti durante la navigazione sul web. È chiaro che ormai, quando scriviamo e componiamo dei testi, facciamo prima ad andare su wikipedia, piuttosto che accingerci alla consultazione di tomi e tomi di grandi opere ed enciclopedie. Anche Umberto Eco lo ha ammesso. Tuttavia la ridondanza di informazioni del web, a volte, si scontra con esigenze di chiarezza e scientificità. Possiamo trovare documenti estremamente esaustivi ed altri invece inesatti e superficiali. Chiaramente è questo il fascino del web, che nasce appunto da un’azione dal basso caratterizzata dalla creazione condivisa ma che, a volte, soffre di imprecisione. Cosa pensi si debba fare per essere sempre sicuri della serietà delle fonti che si trovano sul web?
Questo è un discorso molto ampio e pieno di distinguo. L'attendibilità delle fonti non ha un collegamento diretto con il medium. Non tutto ciò che viene veicolato dai media tradizionali è, ipso facto, attendibile. Certo, sul web si moltiplicano le fonti dunque per il lettore diventa fondamentale sapersi orientare in autonomia.
Un giornalista, nel tempo, solitamente sviluppa un occhio più clinico verso l'analisi delle fonti, e impara a discernere in modo più immediato e epidermico ciò che può essere verosimilmente attendibile da ciò che probabilmente non lo è. Coloro che non fanno questo mestiere partono certamente più svantaggiati, da questo punto di vista.
Non credo esista un modo per essere sempre sicuri della serietà delle fonti, c'è piuttosto una autorevolezza e una credibilità che nel tempo, grazie all'esperienza e ai riscontri, le fonti stesse possono acquisire ai nostri occhi.
Un metodo che dal punto di vista giornalistico consiglio di usare - quando non fosse possibile verificare direttamente la fonte, che è la condizione comunque sempre preferibile - è quello di non fermarsi "alla prima osteria", bensì di provare a confrontarne più di una. La giustapposizione di fonti diverse, soprattutto se non collegate tra loro, può portare ad una base già più concreta sulla quale lavorare.

Punti molto sul concetto di “condivisione” dei documenti e fornisci anche gli strumenti più adeguati per farlo. Credo che questo possa aiutare molto quei gruppi di lavoro i cui componenti si trovano a grande distanza fra loro. Penso ad aziende con filiali in differenti città o al lavoro di ricerca universitaria che avviene con la collaborazione di enti o strutture universitarie situate, a volte, in nazioni o continenti diversi. A volte, tale lavoro si occupa di argomenti sensibili dal punto di vista della riservatezza e del valore economico. Quali sono gli strumenti per condividere sì, ma in sicurezza?
Nel primo capitolo del libro ho inserito un paragrafo che si chiama "il rovescio della medaglia", dove metto in guardia i lettori da alcuni possibili "effetti collaterali" che derivano dallo scrivere utilizzando applicazioni web based. Faccio riferimento, tra le varie cose, al fatto che non tutte le applicazioni potrebbero essere stabili, dal punto di vista del servizio offerto, e che in ogni caso è sempre buona cosa leggere le policy di utilizzo dei vari servizi e eseguire periodicamente una copia di backup del nostro lavoro, a prescindere dall'applicazione che stiamo utilizzando.
Fermo restando che il discorso della privacy e della protezione dei contenuti condivisi è allargabile a tutte le applicazioni online, in primo luogo ai social network, personalmente credo che questa sia una delle cose da mettere in conto quando si lavora online e si condividono contenuti in rete, e che sia l'inevitabile "scotto" da pagare quanto si opera da remoto direttamente su uno o più server, invece che in locale. 
Indubbiamente su questo fronte c'è ancora molto da lavorare per garantire una maggiore tutela agli utenti. Sta di fatto che tutti i grandi del Web, da Google a Microsoft, da Amazon a Apple, stanno attivando o hanno attivato da tempo delle soluzioni professionali per il cloud computing. Spostarsi verso "la nuvola" è un trend ormai ben visibile e indirizzato. E' verosimile pensare che il futuro del computing vada in quella direzione, anche perché sono obiettivamente molti più i benefici che i possibili rischi.
Diciamo comunque questo: se da un punto di vista personale o professionale gestiamo documenti che sono di natura strettamente riservata, o il fatto di conservare la copia di un documento su un server remoto può scontrarsi con le policy di sicurezza o di riservatezza della nostra azienda, allora il consiglio è quello di non ricorrere a questi servizi e di optare per altre soluzioni.

Ho letto con grande attenzione i capitoli dedicati all’ebook. Giustamente dici che il singolo autore che voglia autoprodursi, non può fare a meno di quegli elementi che possono rendere il suo ebook professionalmente presentabile e degno quindi di essere preso in considerazione dal pubblico. Nel dibattito che ormai da tempo si svolge in rete e fuori, mi pare si dica sostanzialmente: rimarranno le piattaforme della grande editoria, ci saranno quelle dei piccoli editori, poi ci sarà lo spazio per quegli autori in grado di imporsi da soli e in fondo alla piramide rimarranno i “cantinari” che faranno solo confusione senza professionalità.
Pensi che l’ebook riposizionerà in qualche modo il rapporto fra autore ed editore o, pur mutando il mezzo, i rapporti rimarranno gli stessi?
Ho posto questa stessa domanda al panel di esperti che ho intervistato per il mio libro, e ho raccolto punti di vista anche piuttosto divergenti sull'argomento. Personalmente, sono vicino all'opinione di Giuseppe Granieri, quando dice che molto dipenderà da come si diffonderanno i casi di successo di autopubblicazione.
Credo che il digitale stia portando e porterà notevoli benefici, in senso sia editoriale che commerciale, all'autore, all'editore così come al lettore. Vedendola dal punto di vista di chi scrive, è evidente che per gli autori si aprono prospettive e possibilità nuove, e personalmente credo che quando si aggiungono nuove opzioni e nuove opportunità a quelle già esistenti, è sempre una cosa positiva.
Il fatto di poter percorrere strade alternative a quelle tradizionali porterà verosimilmente gli autori a avere un maggior peso nella filiera editoriale, al quale si accompagnerà un maggiore potere "contrattuale". La sfida che dovranno sapere raccogliere, da parte loro, gli editori sarà invece quella di far capire, ancora meglio e ancora più che prima, qual è l'effettivo valore aggiunto che essi stessi possono regalare alle opere degli autori. Nonostante dunque l'editore possa essere tecnicamente bypassato, credo che siano molti i motivi che lo rendono, ancora oggi, un soggetto chiave nella filiera editoriale. 

Da più parti, specialmente sul web, si discute del fatto che l’ebook non può essere solamente la traslazione digitale del libro cartaceo. Si intravede quindi la necessità di contenuti nuovi o “altri” rispetto a quelli classici. Qualcuno si è addirittura spinto a dire che sono gli stessi autori a non essere in grado di fornire questi contenuti e che il libro digitale produrrà pertanto anche nuovi scrittori, più avvezzi al nuovo mezzo. È soltanto “teologia per seggiolini eiettabili” o, secondo te, questa esigenza ha qualche fondamento?
Questa cosa in realtà è già successa con il web: ci sono soggetti - senza chiamarli necessariamente "autori" - in grado di produrre contenuti di carattere multimediale come video, podcast o altro, al di là di quelli prettamente testuali. Parliamo di utenti che hanno una padronanza superiore degli strumenti e una maggiore consapevolezza del mezzo rispetto alla media. Abbiamo visto però che la vera esplosione degli user generated contentavviene sempre quando le barriere d'accesso alla tecnologia si abbassano. E' successo ad esempio con i blog: fintanto che per aggiornare un sito web era necessario avere competenze di html, erano solo (relativamente) pochi coloro che riuscivano ad essere autonomi. Quando hanno iniziato a prendere piede i CMS, in particolare quelli open source, la crescita di blog e siti web è aumentata esponenzialmente.
Parlando di libri, le tecnologie che permettono di creare ebook multimediali, o enhanced, sono ancora ad appannaggio di pochi. Credo arriveranno presto le tecnologie che renderanno tutto questo (incorporare contenuti multimediali in un libro digitale, scrivere ebook "arricchiti") molto più semplice da realizzare, ma ancora siamo in una fase assolutamente mutevole, non vedo soluzioni definitive. C'è, per contro, un moltiplicarsi di soggetti che offrono servizi di vario tipo agli autori: dalla conversione in formato ePub alla creazione di applicazioni per iPhone o iPad, dalla stampa in digitale alla distribuzione sui maggiori ebook store online.

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