sabato 2 ottobre 2010

Intervistato su Tumblr

Devo ammetterlo: Tumblr mi piace. E mi piace molto. Lo considero un interessante blocco per appunti, una sorta di moleskine digitale, sulla quale annotare tutto quello che colpisce la nostra attenzione, senza i rigori (necessari) di un blog o la velocizzazione del microblogging. Tumblr è la miglior vetrina della cultura pop che esista attualmente (e come cultura pop intendo tutto quel suggestivo mix di citazioni colte, immagini, pensieri e link che trova su questa piattaforma la sua consacrazione). Insomma, anche noi, come dei piccoli Bruce Chatwin, dipingiamo sui nostri tumblelog i colori del paesaggio della nostra personalissima Patagonia.
Giacomo Alfredi mi ha intervistato sul suo tumblr. E lo ha fatto con questa dichiarazione programmatica che condivido in pieno: Per me non esiste la comunità virtuale. Esiste la comunità che, attraverso l'utilizzo anche del canale virtuale, comunica  e condivide.
Il post originale lo trovate qui.




Di cosa parla il romanzo?
Quando ho cominciato a pensare a Notte di nebbia in pianura, la prima cosa che si è presentata alla mia mente sono state le voci dei personaggi. Voci che si sovrapponevano, che agivano su diversi piani di tempo e di spazio, che raccontavano del loro presente alla luce del loro passato. E queste voci si sono lentamente sedimentate in una serie di storie che, apparentemente separate, hanno trovato un denominatore comune. E questo denominatore comune è appunto una fredda notte invernale di nebbia fitta. Una notte di nebbia dove ognuna di quelle voci si troverà, ad un certo punto, a fare i conti con la tragica banalità della propria vita.
I Social Media rappresentano un cambiamento fondamentale nel modo di comunicare. Il loro utilizzo quanto influenza (se influenza) il tuo pensare da scrittore?
Certamente questo universo di partecipazione, di condivisione, di trasferimento di contenuti, ha senz’altro provocato una certa mutazione nelle nostre vite. Fa ormai parte del nostro vivere quotidiano. E, oserei quasi dire, per chi scrive, una presenza attiva in rete è ormai un’esigenza che non si può eludere. Il mio pensare da scrittore non è stato influenzato da questo modo di comunicare. Anche perché tengo separati i due momenti: quello della creazione attraverso la scrittura e quello della mia presenza sul web. Nel secondo caso tendo a privilegiare la condivisione di contenuti legati ai miei interessi e ad evitare una qualsiasi forma di autopromozione che potrebbe risultare fastidiosa. Ecco, il web, i Social Media mi hanno insegnato questo: se vuoi far conoscere i libri che scrivi (una cosa del tutto legittima) devi produrre innanzitutto contenuti interessanti e condivisibili dagli altri, legati ovviamente ai tuoi interessi. Se poi, apprezzando questi contenuti, qualcuno si incuriosisce anche ai miei libri, ben venga.
Si sente un gran parlare dell’ebook. Che ne pensi?
Negli Stati Uniti le vendite dei libri, nello scorso Natale, hanno visto per la prima volta l’ebook prevalere sul libro cartaceo. Quindi l’ebook è una realtà. Mi pare si aprano due ordini di problemi. Uno è legato al rapporto fra autori ed editori. E credo che questo, più o meno, resterà inalterato. Abbiamo sempre avuto una grande editoria che bada molto alla quantità, una piccola e media editoria che bada alla vivacità culturale e poi il tipografo che ti stampa le cento copie che poi venderai agli amici. In questo senso credo che le cose non cambieranno. Avremo sempre una grande editoria che vorrà soprattutto fare cassa, una piccola e media editoria che cercherà di trovare nuovi e bravi autori e il singolo che si autoprodurrà l’ebook per poi venderlo in prima persona a chi lo segue sul web. La cosa interessante è che, se questo singolo è un autore veramente bravo e con un forte seguito in rete e con la capacità di autoprodurre un ebook di qualità, potrebbe anche avere risultati molto buoni. Superiori forse anche a chi vedrà il proprio ebook gestito da una piattaforma legata ad un editore. L’altro ordine di problemi è quello relativo ai contenuti. E’ in corso un interessante dibattito in rete proprio su questo. In sostanza si dice: l’ebook non può essere la semplice trasposizione digitale di un libro cartaceo. Necessita quindi di contenuti nuovi, connessi ad una sua evetuale ipertestualità e alla possibilità di essere una sorta di work in progress creato dalla collaborazione autore/lettori. Forse è questa la vera frontiera. Non saprei però dire se questa sarà ancora letteratura, almeno nel senso che intendiamo oggi.


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