Si dice proprio così: lo stradone. Dalle mie parti è la strada principale del paese. E' la Statale 211, che va da Tortona a Novara. Ma può essere anche un'altra. Magari una che ti porta da Casale Monferrato a Pavia. Oppure da Alessandria fino a Vigevano. Oppure una circonvallazione qualsiasi, un nastro grigio, senza paracarri, che si confonde con la nebbia d'inverno o che si fa abitare dalla Fata Morgana, nel luccichio tremante del caldo di Luglio.
L'importante è che spezza in due tutti i paesi e nell'unirli e avvicinarli (in quella apparente facilità della pianura) li lascia come sono. Perché le due parti tagliate sono in realtà simili. Niente quartieri diversi o gente o usi differenti. Li spezza e basta. Ma li lascia uguali. Perché quello che conta, poi, non sono i paesi, non sono i campi, no; quello che conta è lo stradone.
Dello stradone mi ero completamente dimenticato. Me lo ha fatto ricordare Piersandro Pallavicini quando, recensendomi su Satisfiction, ha parlato degli stradoni che si potevano riconoscere in quello che avevo scritto.
Passavo in auto proprio su uno stradone quando mi è venuta voglia di leggere Forster. Avevo comprato tempo prima un meridiano mondadori con tutti i suoi romanzi. Quegli acquisti che si fanno a Natale, quando i meridiani sono scontati.
L'ho già detto tempo fa. Quando, come faccio io, si legge per motivi tecnici, quando si legge per scoprire i trucchi del mestiere, si perde la gioia di leggere per il gusto di farlo. E la si perde definitivamente. In modo irreversibile.
Ma con i romanzi di Forster no. Con Forster è stato diverso. Dopo tanti anni.
Una volta Piersandro Pallavicini mi disse: "La Lomellina è uno stato d'animo."
L'importante è farsi venire in mente un buon libro da leggere, mentre si viaggia su uno stradone.
Un libro.
Romanzi, di E.M. Forster (I Meridiani Mondadori)
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