sabato 25 marzo 2017

Europe Central, di William T. Vollmann (Mondadori)

Andare oltre i confini della letteratura, superare gli spazi angusti delle parole, costruire una dimensione narrativa che trasli i tempi, le immagini, gli spazi e trasfiguri la Storia in una espansione neocosmica di roccia e di particelle elementari che si coniugano nell'alternarsi dei sentimenti dell'orrore, dell'odio e dell'amore, fino a giungere all'attimo generativo di un codice genetico di pura essenza diamantina al cui cospetto il lettore, coinvolto e attratto, rimane come un essere che esprime tutto se stesso in una eterna iconodulia di ciò che i suoi organi visivi stanno leggendo.
Europe Central è il monolito narrativo che tutto genera e contiene nella definitiva consapevolezza che la Storia è elemento partecipativo e genetico della meravigliosa e demoniaca aggregazione di atomi nel punto iniziale del tempo in cui tutto è materia e tutto è al contempo evanescenza.
William T. Vollmann è il supremo artefice di questa elaborazione umanoide, di questa allitterazione senziente i cui segnali sembrano arrivare da fessure spaziotemporali poste ai confini dell'anima eterna che presiede alla morte e alla vita.
Europa, appendice asiatica di un continente indefinito nella sua bidimensionalità di città medioevali e steppe mongoliche, generata e creata da misteriche afferenze mesopotamiche, stuprata da penetrazioni indoeuropee, terraferma narrata da Vollmann nell'attimo antopofago di ideologie nazicomuniste di ferro, acciaio e sangue, nell'istante mercantile di democrazie liberali plutocratiche e senza futuro, nel momento in cui una nuova e seconda guerra dei trent'anni destruttura il Novecento e lo riaggrega in una forma bellica costante in cui il delirio ipnotico delle ideologie assolute si fonde con la credenza millenaristica di una scienza che tutto può dominare.
Il risveglio è di orrore, di morte, di sentimenti contratti nell'istante tetanico di un morbo che incancrenisce gli umani e la loro produzione cerebrale definita Storia da quegli stessi umani che ne sono partoriti e sbranati al contempo, in una espansione eterna e circolare di nanosecondi che segnano senza fine l'immobilità dell'urlo di orrore che trafigge gli anni luce dall'apparizione del Tempo di Planck sino alla entropia di ogni emissione di luce e di calore.
Europe Central è romanzo monumentale, mappatura quantistica del misterioso punto o istante in cui macro e microcosmo si coniugano, generando altri universi ancora sino al momento finale che altro non potrà essere se non principio di una reiterata raffigurazione in cui un'altra Storia di sopraffazioni si ripeterà solo parzialmente differente quel tanto che basti a configurane, per una volta ancora, l'illusione dell'artefatta progressione.
Un libro.
Europe Central, di William T. Vollmann (Mondadori).

venerdì 10 marzo 2017

Golk, di Richard Stern (Calabuig)

Se le teorie di Marshall McLuhan e di Vance Packard sulla manipolazione dei media potessero avere una rilettura in chiave narrativa questa non potrebbe che essere rappresentata da questo bellissimo romanzo di Richard Stern, una inquietante precognizione dai risvolti sottotraccia sottilmente phildickiani e vonneguttiani, una profezia letteraria che, scritta sul finire degli anni Cinquanta e pubblicata nel 1960, anticipa di venticinque anni le Confessions of a dangerous mind di Chuck Barris.
In una New York anni Cinquanta, dalle patinate ambientazioni che sembrano evadere silenziose da un romanzo di Truman Capote illustrato dalle tele di Edward Hopper, singolarità umane, segnate da nomadiche nevrosi e riservate asocialità, vengono lentamente assemblate da un calvo e istrionico demiurgo che le arpiona una ad una trasfigurandole dal ruolo passivo di vittima a quello di carnefice in una simulazione televisiva la cui essenza è quella di burlare gli inconsapevoli protagonisti e di mandarne poi in onda, previa firma della relativa liberatoria, lo sbalordimento e la ridicole posture. Coinvolte nella struttura di produzione di questo format televisivo le poche ex vittime prescelte dal demiurgo, e per suo mezzo cooptate nella ristretta cerchia dei coautori, lentamente assistono alla invasione delle proprie vite, delle proprie anime, del proprio assetto mentale da parte di una macchina scenica innovativa a tal punto da riuscire a trasformare le quotidiane meschinità degli esseri umani in seducente e attrattiva narrazione per il popolo degli spettatori televisivi. 
È una escalation di sfide quella che il demiurgo pone sia al management della rete televisiva, sia a se stesso. Il suo nom de plume, Golk, diviene metonimicamente il nome stesso delle scene girate, delle burle che ne sono essenza, del programma, dei membri del cast (i Golk) mentre l'eco si espande esponenzialmente attraverso la contrazione del linguaggio giornalistico, il rimbalzo dei media, le chiacchiere da bar, sino alla sua consacrazione fonetica e simbolica di nuovo slogan: "È un Golk!" 
Da apprendista stregone, tuttavia con la angosciante consapevolezza di esserlo, Golk alza sempre di più il tiro della sua creazione teorizzandone gli stadi successivi, numericamente definiti in progressione da conto alla rovescia da guerra nucleare, con appunti scritti su un grande quaderno, tenendo discorsi ai suoi collaboratori come un filosofo della Grecia classica avrebbe fatto sotto un portico di Atene, adombrando mimiche facciali da dittatore bonario. Le dinamiche interne del gruppo sempre di più appaiono quelle di una delle tante sette californiane che popolano le subculture pop degli anni postbellici americani, totalizzando l'amicizia, la complicità, il sesso.
Golk ben sa che nell'universo tutto ha una fine e porta la trasmissione alla sua definitiva e mortale trasformazione da goliardata di strada a inchiesta sulla corruzione politica, coinvolgendo funzionari, senatori, industriali, gole profonde, informatori e doppiogiochisti. È la fine. 
In una sorta di cupio dissolvi in cui non è più possibile comprendere chi sia il corrotto e chi invece il corruttore, Golk, il Golk e i Golk precipitano dal ruolo di carnefici a quello di vittime sacrificali.
Ma come in tutte le migliori visioni postmoderne, di cui a buon titolo Richard Stern potrebbe esserne con questo romanzo considerato una sorta di precursore, non tutto si dissolve. Golk scompare nel nulla, ma per anni decine saranno le segnalazioni di sue fuggevoli apparizioni in ogni angolo degli States. Come un messia mediatico Golk vive nella e della sua scomparsa. Chi dice di averlo intravisto non lo descrive mai sofferente o angosciato, ma dal sorriso beffardo di chi sa che tutto è stato, è e sempre sarà solo e soltanto un Golk.
Un libro.
Golk, di Richard Stern (Calabuig).

martedì 7 marzo 2017

Intervistato da Upside Down Magazine

La rivista digitale Upside Down Magazine (che ha uno stuzzicante sottotitolo: Film, Book & Food Love) redatta da un gruppo di bravissime scrittrici mi intervista. Si parla di lettura, di scrittura, dei miei romanzi, di pianure, di trilogie e altro ancora. L'intervista integrale si può leggere qui.
Grazie ancora alla redazione e buona lettura! 


lunedì 6 marzo 2017

L'odore del riso a San Giorgio di Lomellina

Dove se non nel cuore della Lomellina, il territorio più a nord in cui si coltiva il riso, poteva essere presentato il mio romanzo L'odore del riso, edito da Antonio Tombolini Editore nella collana Officina Marziani?
Domenica 12 marzo 2017 alle ore 16 a San Giorgio di Lomellina presso la sala consiliare in Piazza Pietro Corti 12.
Questo romanzo con Notte di nebbia in pianura e Sette sono i re compone la mia Trilogia della pianura.